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martedì 24 agosto 2010

segue per intero la questione dei pesci



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Pesce
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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Pesce (disambigua) e Pesci (disambigua).
Pesci

Macropodus opercularis
Classificazione scientifica
Dominio: Eukaryota
Regno: Animalia
Sottoregno: Eumetazoa
Ramo: Bilateria
Superphylum: Deuterostomia
Phylum: Chordata
Subphylum: Vertebrata
Infraphylum: Gnathostomata
Superclasse: Ittiopsidi

Classi
Chondrichthyes
Actinopterygii
Sarcopterygii

Partecipa al Progetto:Forme di vita

I pesci (o Ittiopsidi) sono degli animali che vivono nell'acqua e respirano l'ossigeno disciolto in essa mediante branchie. Non possiedono zampe bensì pinne, che permettono loro di muoversi nell'elemento fluido con particolare efficacia. Dal punto di vista della classificazione scientifica, essi appartengono al subphylum dei vertebrati, e con oltre 30 000 specie[1] coprono quasi il 50% del totale delle specie del gruppo. Si distinguono tra i vertebrati per il lungo periodo di evoluzione (iniziato circa 500 milioni di anni fa[2]) che ne ha consentito la diversificazione in tutte le forme attuali, sviluppate e adattate ad ogni tipo di condizione e alimentazione, specializzandosi e occupando praticamente tutte le nicchie ecologiche dei vari ambienti acquatici.



Habitat e distribuzione [modifica]
Una cernia bruna. Una murena.I pesci hanno colonizzato pressoché qualsiasi mare, oceano, fiume o lago del pianeta, con forme, colori e dimensioni diversissime tra loro.

Vi sono specie tipiche dei corsi d'acqua montani (come i Salmonidae o i Cyprinidae) o dei laghi (come la comune carpa - Cyprinus carpio[3]), adatti alla vita sul fondale alla ricerca del cibo. Talvolta le specie possono essere endemiche del loro habitat; in Italia, ad esempio, Salmo fibreni nel Lago di Posta Fibreno[4] e Salmo carpio nel Lago di Garda[5].

Gli ambienti a salinità variabile, come gli estuari dei fiumi e le lagune, accolgono specie specializzatesi nel sopportare sbalzi anche grandi della concentrazione del sale disciolto, dette eurialine (i Mugilidae, ad esempio, tra cui il comune cefalo - Mugil cephalus), al contrario le specie incapaci di adattarsi ad ambienti con salinità variabile sono dette stenoaline.

In mare, nelle zone tipiche dei domini pelagici, lontani dalle coste e privi di ogni nascondiglio, i pesci sono caratterizzati da livree argentate per riflettere quanto più possibile il blu delle acque circostanti e nascondersi così ai predatori. Molti hanno una forma slanciata, adatta al nuoto veloce per favorire la fuga o la caccia (come i tonni), altri cercano la sicurezza radunandosi in branchi numerosi[6].

Vicino alle coste i fondali rocciosi, ricchi di alghe marine, sono frequentati da una grande abbondanza di pesci tipicamente vegetariani (come la salpa - Sarpa salpa[7]), ma anche di predatori delle altre specie animali che vivono tra le alghe, come molluschi o anellidi. Le praterie di Posidonia oceanica offrono un ulteriore nutrimento e, più spesso, nascondiglio ad altre specie di pesci (come al pesce ago cavallino - Syngnathus typhle) o a forme giovanili di queste[7]. I fondali mobili, composti da fango, ghiaia o sabbia offrono un ulteriore habitat per pesci che si sono specializzati nella caccia (ad esempio la rana pescatrice - Lophius piscatorius) o nel nascondersi, mutando la propria struttura fisica per muoversi a stretto contatto col terreno (come la sogliola - Solea solea) o infossandosi in esso velocemente (ad esempio il ghiozzo rasposo - Gobius bucchichi).
Grotte ed anfratti bui delle secche e delle scogliere offrono rifugi ai pesci di tana (la cernia bruna - Epinephelus marginatus) o a pesci notturni (come le murene e gli Scorpaenidae) che vi si nascondono di giorno per poi uscire in caccia di notte.
Le barriere coralline, di supporto ad un grandissimo numero di specie, offrono il migliore esempio di quanta sia la diversità tra le forme e i colori di questi animali.

Altre specie, adatte alla vita abissale (come i Saccopharyngiformes e i Lophiiformes), hanno sviluppato forme completamente diverse dai loro parenti della superficie, perfezionando tecniche di caccia basate, ad esempio, sulla bioluminescenza per attirare le prede[8].
Anche le acque dell'Antartico ospitano alcune specie di pesci specializzate per la vita nel gelo e che possono spingersi fino a oltre quattromila metri di profondità[9].

Sebbene quasi tutti i pesci siano esclusivamente acquatici, esistono delle eccezioni. I perioftalmi, per esempio, hanno sviluppato degli adattamenti che permettono loro di vivere e muoversi sulla terraferma per diversi giorni.

Anatomia [modifica]
Molto diversi, tutti i pesci presentano caratteristiche comuni, necessarie alla sopravvivenza. I lunghi tempi di evoluzione hanno tuttavia permesso la divisione in oltre 30 000 specie[1] diverse, alcune delle quali divise in sottospecie. Si può quindi comprendere la difficoltà nell'integrare tutta questa biodiversità in un solo schema.

Anche se i pesci si presentano in innumerevoli forme, la figura intende mostrare le caratteristiche generali nella forma anatomica più comune : A - Pinna dorsale : B - Raggi della pinna : C - Linea laterale : D - Rene : E - Vescica natatoria : F - Apparato di Weber : G - Orecchio interno : H - Cervello : I - Narici : L - Occhio : M - Branchie : N - Cuore : O - Stomaco : P - Cistifellea : Q - Milza : R - Organi sessuali interni (ovaie o testicoli) : S - Pinne ventrali : T - Colonna vertebrale : U - Pinna anale : V - Coda (pinna caudale)
Altri elementi non segnalati: barbigli, pinna adiposa, genitali esterni (gonopodio)



Morfologia [modifica]
Morfologia dei pesci
(1/10)▶
Tonno (fusiforme)◀(2/10)▶
Belone belone (appiattita sul dorso)◀(3/10)▶
Chaetodon capistratus (compressa lateralmente)◀(4/10)▶
Hypostomus plecostomus (appiattita sull'addome)◀(5/10)▶
Pesci volanti (compresso ai fianchi e carenato)◀(6/10)▶
Anguilla (anguilliforme)◀(7/10)▶
Syngnathus acus (aghiforme)◀(8/10)▶
Scyliorhinus canicula (squaliforme)◀(9/10)▶
Torpedine marezzata (piatta)◀(10/10)
Lactoria cornuta (ovaloide)
L'habitat dove la specie è stanziata e il tipo di alimentazione hanno plasmato, mediante l'evoluzione, il corpo dei pesci, rendendoli estremamente diversificati[2]. In generale la forma del loro corpo, adatta alla vita acquatica, è idrodinamica. Le forme anatomicamente più comuni sono:

Fusiforme - la forma più comune, adottata dai pesci che vivono nei fiumi, nei laghi e da moltissime specie pelagiche, grandi nuotatori. Offre poca resistenza all'acqua;
Appiattita sul dorso - forma ideale per i pesci che vivono vicini alla superficie e che da essa traggono nutrimento. Non a caso alcune specie presentano occhi sporgenti per poter localizzare insetti e altre prede;
Compressa lateralmente - adottata da molti pesci di barriera corallina o dai grandi Ciclidi, è la forma ideale per i pesci che si muovono tra piante sommerse o rocce, in zone senza correnti;
Appiattita sull'addome - adottata dai pesci detritivoro, presenta un addome piatto per meglio aver presa sul fondale o sulle rocce, dove questi pesci vivono e si nutrono;
Compresso ai fianchi e carenato - è una forma particolare, idrodinamica e aerodinamica, poiché spesso le specie che hanno questa forma sono capaci di guizzare e planare per alcune decine di metri a pelo e fuori dall'acqua;
Anguilliforme - corpo allungato e flessibile, come quello delle anguille. Una forma ideale per i pesci che perlustrano gli anfratti o vivono tra la sabbia alla ricerca di cibo o al sicuro dai predatori;
Aghiforme - anche questa è una forma allungata ma il corpo è rigido. Le specie con corpo aghiforme vivono vicini alla superficie oppure si confondono con le alghe;
Squaliforme - una forma praticamente perfetta per la caccia: corpo idrodinamico, affusolato, abituato alle lunghe nuotate ma anche agli scatti, con una possente muscolatura;
Piatta - tipica forma delle sogliole e delle razze, è adottata da pesci che vivono sul fondo, per mimetizzarsi o per predare. I pesci appiattiti sul fianco presentano entrambi gli occhi sul fianco opposto, mentre le razze e i trigoni sono appiattiti sul ventre e hanno una lunga coda;
Ovaloide - o a parallelepipedo, sono le forme dei pesci che hanno corpo tozzo e muscoloso, spesso ricoperte di aculei o placche ossee.
Cavallina - è la forma tipica dei cavallucci marini e del pesce ago, che presentano testa con forme simili a cavalli e corpo snello, con portamento quasi sempre eretto e coda prensile.
Le dimensioni dei pesci variano dai 16 m dello squalo balena (Rhincodon typus) ai circa 8 mm della Schindleria brevipinguis, considerato il vertebrato più piccolo del mondo[10]

Bocca [modifica]
Nei pesci la bocca si è evoluta in base allo stile di vita e all'habitat colonizzato[2]. Solitamente si tende a classificare i diversi tipi di bocca in base alla direzione che essa assume, in quanto pesci che vivono in superficie hanno bocca rivolta verso l'alto, pesci che vivono a mezza altezza hanno la bocca parallela al corpo e pesci di fondo hanno la bocca orientata verso il basso.

Bocche dei pesci:
A. finale B. superiore C. inferioreCiò è vero, ma esistono numerose altre tipologie, come la bocca a ventosa, tipica dei pesci di fondo, dove le labbra si sono allargate per formare un organo di ancoraggio.

Altri pesci hanno sviluppato bocche tubolari, per meglio aspirare oppure piluccare tra gli anfratti rocciosi. I pesci predatori presentano bocche estroflettibili, che permettono loro di allungare la mandibola per una maggior portata. Altamente specializzata è la bocca di predatori come piranha e squali, quest'ultimi forniti di file multiple (fino a 7) di denti ossei e di un'apertura boccale sufficiente a contenere foche o esseri umani.

Denti [modifica]
La dentatura dei pesci varia da specie a specie. I denti possono essere assenti oppure abbondanti e diversi per forma e disposizione. Possono essere presenti su entrambe le mascelle (denti mascellari e premascellari), sul vomere (vomerini), sul palato (palatini), sulle ossa della faringe (faringei). La forma in genere è conica e nelle specie cacciatrici i denti sono caniniformi, cioè appuntiti, spesso seghettati e atti a strappare parti di tessuti o ad afferrare le prede e a strapparne parti di tessuto. In alcune specie, come le cernie, questi denti sono aghiformi e rivolti all'indietro. Le specie che si nutrono di alghe invece presentano denti incisiviformi, appiattiti ed atti a raschiare e a strappare alghe e altri organismi che vivono adesi ai fondali. Alcuni pesci, come i saraghi (Diplodus sp.) possiedono anche denti molariformi, utilizzati per schiacciare i gusci di molluschi e crostacei. Nei Selaci i denti, triangolari e seghettati lateralmente, sono disposti in più file. I denti della fila anteriore, gli unici funzionanti, vanno incontro periodicamente a lesioni e cadono; i denti delle file posteriori hanno il compito di sostituirli.[2]

Pinne [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Pinne.
Lampanyctodes hectoris
(1) pinne pettorali, (2) pinne ventrali, (3) pinna dorsale, (4) pinna adiposa, (5) pinna anale (6) pinna caudaleGli organi di locomozione dei pesci sono le pinne, delle strutture formate da raggi ossei negli osteitti o cartilaginei nei selaci, collegati da una membrana di pelle. Negli osteitti i raggi possono essere spinosi oppure molli e il loro numero ha valore sistematico ed è quindi utile per l'identificazione dei pesci.

Le pinne sono suddivise in

impari (1 o più dorsali, 1 caudale, 1-2 anali)
pari (pettorali e ventrali). Queste pinne nei vertebrati terrestri daranno origine agli arti.
Le pinne dorsali possono variare in numero da 1 a 3 e a volte possono fondersi con la anale e la caudale, formando un'unica grande pinna.

La pinna caudale è responsabile della principale spinta propulsiva del pesce, è disposta verticalmente rispetto al piano del pesce e si muove da destra verso sinistra e viceversa. Questa caratteristica permette di distinguere a prima vista un pesce da un cetaceo, in cui la pinna caudale è disposta orizzontalmente e si muove dal basso verso l'alto.

Pinne particolari [modifica]
Maschio di Poecilia latipinna: da notare il gonopodio, pinna anale modificataOltre alle normali pinne alcune specie (Characidae, Mochokidae, etc) presentano un'ulteriore pinna dopo quella dorsale: essa prende il nome di pinna adiposa poiché è composta soltanto da un lembo di tessuto adiposo. Le sue dimensioni variano a seconda delle specie e sembra serva ad aumentare la stabilità durante gli spostamenti orizzontali.

Altre specie presentano il primo (o più) raggio delle pinne dorsali e pettorali come una spina o addirittura un aculeo cavo collegato a dotto velenifero (Scorpaenidae) utilizzati a scopo difensivo ma anche in delicati momenti riproduttivi.

Sempre a scopo riproduttivo altre famiglie di pesci (Poeciliidae, Goodeidae, Anablepidae, ecc) hanno sviluppato un particolare organo riproduttore, chiamato gonopodio e adatto alla fecondazione interna di questi pesci ovovivipari: esso consiste in una modifica della pinna anale in un tubo munito di microscopici uncini all'estremità che viene incastrato nella papilla genitale femminile e permette il passaggio del liquido seminale nel corpo della femmina. Il gonopodio non è erettile ma rigido e mobile.

In alcune specie, soprattutto quelle appartenenti alla famiglia Scombridae, tra la pinna dorsale, la anale e la caudale sono presenti delle pinnule prive di raggi.

Scaglie e pelle [modifica]
Carpe koi, con scaglie cicloidi Lepisosteus sp., pesci caimani, con scaglie ganoidiCome tutti i vertebrati, i pesci presentano una pelle composta da due strati: l'epidermide (la parte esterna) e il derma (riccamente vascolarizzato e localizzato nella parte interna della pelle). Tuttavia la maggioranza dei pesci ossei (Osteitti) sono ricoperti da scaglie, posizionate sopra l'epidermide, di materiale osseo (simile alla dentina) incastrate una con l'altra come tegole di un tetto, che crescono come crescono agli animali unghie e peli.
La loro funzione è quella di coprire il corpo del pesce rendendolo liscio e idrodinamico; in questo sono aiutate da un muco secreto dal derma e fatto fluire fino all'epidermide e quindi alle scaglie: una sorta di "pelle invisibile" vischiosa che aiuta il pesce a scivolare nell'acqua.
Le scaglie si dividono in[11]:

ctenoidi - hanno bordi muniti di minuscoli dentini;
cicloidi - sono circolari, con bordi arrotondati e sovrapposte in modo da mostrare solo il 20% della loro intera superficie. Presentano inoltre anelli di accrescimento come i tronchi degli alberi, attraverso cui è possibile risalire all'età dei pesci;
ganoidi - la scaglia è quasi interamente esposta alla superficie dell'acqua poiché di forma romboidale; sono inoltre molto lucenti perché ricoperte di ganoina, una sostanza che rende simili a vetro le scaglie;
placoidi - presenti solo sui Selaci (squali, razze etc...).
cosmoidi - particolare tipo di scaglia tipico dei Crossopterigi, soprattutto dei Celacantidi, ma presenti anche nei Dipnoi;

Ma non tutti i pesci hanno le scaglie: alcune specie, soprattutto quelle che vivono sui fondali, presentano piuttosto delle piastre ossee o estremamente cheratinizzate, tanto da venire chiamati anche "pesci corazzati", altre hanno solo pelle nuda ispessita. Addirittura l'intero corpo può essere ricoperto di vere e proprie placche ossee come in certi "pesci scatola" o di scaglie evolute in spine, come nei pesci palla o istrici.

Organi interni [modifica]
Sistema nervoso [modifica]
Schematizzazione della struttura dell'encefalo di Oncorhynchus mykissIl sistema nervoso centrale della maggior parte dei pesci è costituito dal cervello e dal midollo spinale, anche se la forma e le dimensioni delle varie parti del cervello variano sensibilmente nelle diverse specie.

Se confrontati con gli altri vertebrati, i pesci presentano un cervello piuttosto piccolo in relazione alla grandezza del corpo. Alcuni squali però possiedono un cervello relativamente grande in relazione alla dimensione corporea, paragonabile a quello di uccelli e marsupiali.[12]

L'encefalo dei pesci è diviso in diverse regioni. Nella parte frontale si trovano i lobi olfattivi, delle strutture che ricevono ed elaborano i segnali che giungono dalle narici attraverso i nervi olfattivi.[13] I lobi olfattivi sono molto sviluppati nei pesci che cacciano basandosi principalmente sull'olfatto, come squali e pesci gatto.

Dietro ai lobi olfattivi si trova il telencefalo bilobato, che nei pesci è strettamente correlato all'olfatto.[13]Queste due strutture, nei pesci, formano il cervello.

Il diencefalo connette il cervello al mesencefalo ed è responsabile di diverse funzioni associate al controllo ormonale ed al mantenimento dell'omeostasi.[13]
Al di sopra del diencefalo si trova la ghiandola pineale, che svolge diverse funzioni tra cui il mantenimento dei ritmi circadiani e il controllo dei cambiamenti di colore.[13]

Il mesencefalo contiene due lobi ottici, molto sviluppati nei pesci che cacciano affidandosi alla vista, come i ciclidi o la trota iridea (Oncorhynchus mykiss).[13]

Il metencefalo è coinvolto principalmente nel controllo del nuoto e dell'equilibrio.[13]

Il cervelletto è una struttura costituita da un singolo lobo, di solito ha grandi dimensioni e infatti costituisce la parte più grande di tutto l'encefalo.

Il mielencefalo controlla le funzioni della maggior parte dei muscoli e degli organi e nei pesci ossei regola anche la respirazione e l'osmoregolazione.[13]

Organi di senso [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Linea laterale.
Linea laterale in uno squalo I lunghi barbigli di Pseudoplatystoma tigrinum Astyanax jordani, un caracide cieco sudamericanoL'udito viene percepito mediante la vescica natatoria[2], la quale trasferisce le vibrazioni all'apparato di Weber, connesso al cervello.

Il gusto viene normalmente percepito ed elaborato nella bocca e nel cavo faringeo e serve principalmente a distinguere i cibi ed evitare sostanze dannose. Molto spesso i pesci immettono nella bocca qualsiasi cosa capiti davanti a loro: trattengono questa sostanza giusto il tempo per capire se è digeribile e, in caso contrario, la sputano. La stessa cosa succede negli squali, i quali prima addentano per assaggiare e in base al sapore decidono se quel che hanno morso è una preda oppure no (a ciò si devono fortunatamente i numerosi sopravvissuti agli attacchi degli squali: non siamo di loro gradimento!). In molte specie gli organi gustativi sono posizionati anche all'esterno della testa e nei barbiglio sulle labbra. Gli osfronemidi addirittura presentano recettori del gusto sulle pinne ventrali, trasformate in sottili appendici mobili che il pesce usa tastando quel che ha intorno.

I pesci presentano inoltre le narici, che non hanno funzione respiratoria (tranne che nei pesci con apparato boccale a ventosa) ma prettamente olfattiva: esse sono delle rientranze tubolari ricoperte di rosette olfattive che percepiscono le particelle odorose provenienti da sangue, putrefazione di organismi, muco di altri pesci, piante. L'acqua è convogliata all'interno e poi estromessa.

La vista è un senso che i pesci hanno sviluppato in maniera differente[2], in base al loro stile di vita[14]. La maggior parte di essi presenta gli occhi ciascuno su un lato: ciò consente loro di avere un campo visivo di quasi 360° e una visione monoculare (ognuno dei due occhi mette a fuoco indipendentemente dall'altro) e grandangolare, non ad alta definizione ma che permette di controllare l'eventuale avvicinarsi di un pericolo.

I predatori e i pesci sdraiati su un fianco presentano invece occhi ravvicinati e visione binoculare, con un campo visivo ad alta definizione davanti alla loro testa, adatto ad avvicinarsi alle prede.
Tuttavia moltissime specie di pesci abitano in grotte o negli abissi marini, dove filtra pochissima luce oppure regnano le tenebre eterne. Alcuni pesci (ad esempio, gli Opisthoproctus) hanno sviluppato occhi telescopici e fortemente ingrandenti, adatti a sfruttare la flebile luce che proviene dall'alto. Altre specie (Astyanax) hanno addirittura atrofizzato i loro occhi fino a farli sparire, poiché nel loro habitat sono inutili.

I pesci presentano anche un organo di senso non presente in altri vertebrati: la linea laterale[2]. Essa è costituita da una serie di canalicoli che corrono lateralmente nella testa e nel corpo dell'animale, collegati con l'esterno tramite piccoli pori, e ha la funzione di percepire variazioni di bassissima frequenza o flebili campi elettrici.

Nel 2003, il ricercatore scozzese Lynne Sneddon dell'Università di Edimburgo ha condotto delle ricerche su Oncorhynchus mykiss ed giunto alla conclusione che i pesci possiedono i nocicettori ed esibiscono dei comportamenti in risposta al dolore.[15] Questo lavoro è stato criticato dal professor James D. Rose dell'Università del Wyoming, che ha dichiarato che lo studio era difettoso.[16] Il dottor Rose aveva pubblicato un suo studio un anno prima di Sneddon, sostenendo che i pesci non possono sentire dolore a causa della mancanza dell'appropriata neocorteccia nel cervello.[17]

I Selaci, i Dipnoi e le lamprede (Petromyzontiformes) possiedono dei recettori sensoriali, gli elettrocettori, in grado di rilevare i campi elettrici. Gli elettrorecettori possono essere a forma di ampolla o di forma tubulare. I primi, detti ampolle di Lorenzini, possono essere considerati come una prosecuzione della linea laterale e sono riempiti da una sostanza gelatinosa che possiede una buona conducibilità elettrica. L'elettrorecezione viene usata per l'identificazione delle prede, per l'orientamento e per gli spostamenti.[2]

Apparato respiratorio [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Branchia.
Branchie di tonnoLa maggior parte dei pesci compie gli scambi gassosi attraverso branchie localizzate ai lati della faringe. I pesci cartilaginei possiedono da 4 a 7 aperture branchiali prive di opercolo, mentre i pesci ossei sono dotati di una sola apertura per lato coperta da un opercolo.

Le branchie sono costituite da strutture filamentose, fortemente vascolarizzate. Quando il pesce assume acqua ricca di ossigeno attraverso la bocca la fa passare attraverso le branchie a livello delle quali avviene l'assunzione dell'ossigeno e l'eliminazione dell'anidride carbonica. Nella branchie la circolazione del sangue va in controcorrente rispetto a quella dell'acqua. Questo sistema consente ai pesci di assorbire una grande quantità di ossigeno disciolto.

Alcuni pesci sono in grado di respirare l'aria mediante diversi meccanismi. La pelle delle anguille, come quella degli anfibi, è in grado di assorbire l'ossigeno; la cavità boccale dell'Electrophorus electricus può essere utilizzata per respirare aria; i pesci gatto delle famiglie Loricariidae, Callichthyidae e Scoloplacidae sono capaci di assorbire l'aria mediante il loro tratto digestivo.[18] I Dipnoi possiedono una coppia di polmoni simili a quelli dei tetrapodi e devono raggiungere la superficie dell'acqua per ingoiare aria attraverso la bocca ed eliminare l'aria respirata attraverso le branchie. I lepistoseidi presentano una vescica natatoria vascolarizzata che viene utilizzata come un polmone. Cobitidi e molti pesci gatto respirano facendo passare l'aria attraverso l'intestino. Molti pesci hanno sviluppato degli organi respiratori accessori utilizzati per estrarre l'ossigeno dall'aria. I pesci labirintici, come i gourami e i pesci combattenti hanno un organo, il labirinto, che svolge questa funzione. Pochi altri pesci presentano delle strutture che ricordano il labirinto. Tra questi vi sono le famiglie di pesci gatto Channidae, Osphronemidae e Clariidae.

La capacità di respirare aria è tipica di quei pesci che vivono in acque basse e a variabilità stagionale, dove la concentrazione dell'ossigeno può abbassarsi in certi periodi dell'anno. Quando questo avviene, i pesci che si affidano solo alla respirazione dell'ossigeno presente nell'acqua moriranno velocemente per asfissia, mentre quelli capaci di respirare aria possono sopravvivere per più tempo, in alcuni casi anche all'interno del fango. Alcuni casi estremi sono rappresentati dai pesci in grado di sopravvivere per settimane dopo che l'acqua si è asciugata del tutto, andando in estivazione e risvegliandosi con il ritorno dell'acqua. Alcuni pesci, come i dipnoi africani, devono obbligatoriamente respirare aria periodicamente per sopravvivere e sono chiamati respiratori d'aria obbligati; altri, come l'Hypostomus plecostomus, respirano l'aria solo quando ne hanno realmente bisogno e sono detti respiratori d'aria facoltativi. La maggior parte dei pesci che respirano l'aria appartengono a questa categoria, poiché la respirazione aerea ha un costo energetico non indifferente per raggiungere la superficie dell'acqua e inoltre in questo modo i pesci si esporrebbero alla predazione da parte dei predatori della superficie.[18]

Vescica natatoria [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Vescica natatoria.

La vescica natatoria nasce nel corso dell'evoluzione per permettere a determinati organismi, quali vertebrati teleostei, movimenti lungo una colonna d'acqua. È un organo tipicamente appartenente all'anatomia dei pesci, formatosi tramite l'ingestione di una bolla d'aria e l'introflessione di una parte del tratto gastro-esofageo, che rende il movimento degli stessi facilitato nell'elemento liquido.

Esistono due tipi diversi di vesciche natatorie: se la stessa risulta connessa al tratto gastro-esofageo il pesce sarà di tipo fisostoma se invece non risulta connessa sarà fisoclisti.

Apparato digerente [modifica]
Nei pesci il cibo viene ingerito attraverso la bocca, e passando poi per l'esofago, arriva allo stomaco o ai ventrigli, che secernono enzimi digestivi. Intervengono anche nella digestione enzimi provenienti da fegato e pancreas. Le sostanze nutritive vengono assorbite tramite l'intestino e gli scarti espulsi tramite l'ano.

Apparato circolatorio [modifica]
Nei pesci l'apparato circolatorio è chiuso e semplice. Il sangue è pompato da un cuore a due camere verso le branchie, da dove raggiunge l'intero corpo dell'animale per ritornare poi al cuore.

Il cuore è adiacente alla regione branchiale, racchiuso in un pericardio. Il sangue segue il percorso seno venoso, atrio, ventricolo, cono arterioso, aorta ventrale, cinque paia di archi branchiali afferente, capillari branchiali, quattro paia di archi branchiali efferenti, aorta dorsale, varie arterie. Dalla coda: vena caudale, vene portali ai reni e altre grandi vene che si dirigono verso i seni venosi, che si connettono al seno venoso del cuore. Dal tubo digerente: vena porta epatica, vene epatiche, seno venoso. La circolazione è unica, il sangue passa una sola volta in tutto il circuito attraverso il cuore, nel quale è sempre venoso, non ossigenato.

Sistema escretore [modifica]
Come quasi tutti gli organismi acquatici, i pesci sono ammoniotelici, cioè eliminano le sostanze azotate di rifiuto sotto forma di ammoniaca. Alcune sostanze di rifiuto sono eliminate direttamente tramite le branchie, altre vengono eliminate dai reni, organi escretori che filtrano il sangue.

Da notare che i pesci marini tendono a perdere acqua per osmosi e dunque producono un'urina molto concentrata, mentre succede l'opposto nei pesci d'acqua dolce, che tendono ad assorbire acqua. In quei pesci che migrano dal mare ai corsi d'acqua dolce i reni hanno dunque la capacità di adattarsi al cambiamento di salinità.

Apparato genitale [modifica]
Le gonadi dei pesci sono costituite da testicoli ed ovari. Entrambi sono organi pari, di taglia simile e completamente o parzialmente fusi tra loro.

In alcune specie gli spermatogoni nei testicoli sono distribuiti per tutta la lunghezza dei tubuli seminiferi, mentre in altre si trovano solo nella porzione anteriore.[19]

Negli ovari, le uova possono essere rilasciate all'interno della cavità celomatica, da dove poi raggiungeranno l'ovidotto, oppure vengono rilasciate direttamente al suo interno.[20]

Scheletro e muscolatura [modifica]
Lo scheletro di Perca fluviatilis.Come gli altri vertebrati i pesci presentano un endoscheletro che può essere cartilagineo o osseo. Lo scheletro osseo consiste solitamente di un cranio, dotato di mascelle fornite di denti, di una colonna vertebrale, di costole e di ossa di varie forme che sostengono le pinne.

La maggior parte dei pesci si sposta contraendo alternativamente i muscoli inseriti ai lati della colonna vertebrale. Ogni massa muscolare è composta da una serie di segmenti detti miomeri. La loro contrazione produce un'ondulazione che spinge il pesce in avanti. Le pinne sono utilizzate come stabilizzatori o per aumentare la velocità del nuoto.

I miomeri sono costituti da due tipi di fibre muscolari, la fibra rossa e la fibra bianca. La prima, al contrario della fibra bianca, è ricca di mioglobina e di mitocondri ed è altamente vascolarizzata. La fibra rossa è adatta a lavorare in condizioni aerobie, si contrae lentamente ma sopporta bene la fatica; la fibra bianca lavora bene in condizioni anaerobie, si contrae più velocemente ma non è resistente alla fatica. Il rapporto tra le due fibre nei pesci varia a secondo del tipo di nuoto. I tonni, per esempio, che sono dei forti nuotatori, presentano alte percentuali di fibre rosse, mentre i pesci che vivono in prossimità del fondo e che compiono spostamenti brevi o scatti repentini presentano percentuali maggiori di fibre bianche.

Sistema immunitario [modifica]
Gli organi del sistema immunitario variano tra i differenti tipi di pesci.[21] Negli Agnatha mancano dei veri e propri organi linfoidi, come timo e midollo osseo, ma questi pesci primitivi si affidano a regioni di tessuto linfoide presenti all'interno di altri organi per produrre le cellule dell'immunità. Per esempio, eritrociti, macrofagi e plasmacellule vengono prodotte dal rene anteriore, mentre alcune aree dell'intestino, dove maturano i granulociti, somigliano ad un midollo osseo primitivo.

Nei pesci cartilaginei sono presenti il timo e una milza ben sviluppata, che costituisce il principale organo dell'immunità, dove si sviluppano diversi linfociti, plasmacellule e macrofagi.

Gli Actinopterygii presentano una massa di tessuto associata alle meningi in cui si sviluppano i granulociti e il loro cuore è rivestito frequentemente da tessuto contenente linfociti, cellule reticolari ed un piccolo numero di macrofagi. Il rene di questi pesci è un importante organo emopoietico.

Il principale tessuto immune dei Teleostei è costituito dal rene, in cui vengono ospitate diverse cellule immuni.[22] In più, i teleostei possiedono timo, milza e aree di tessuto immunitario sparse tra i tessuti delle mucose, come pelle, branchie, intestino e gonadi. Si ritiene che gli eritrociti, i neutrofili ed i granulociti dei teleostei risiedano nella milza, mentre i linfociti si trovano all'interno del timo. Questa divisione è molto simile a quella presente nel sistema immunitario dei mammiferi.[23][24] Recentemente è stato descritto in una specie di teleostei un sistema linfatico simile a quello dei mammiferi. Anche se non ancora confermato, si pensa che vi sia la presenza di linfonodi dove si accumulano i linfociti T immaturi prima di incontrare l'antigene.[25]

Biologia [modifica]
Riproduzione [modifica]
La maggior parte dei pesci è ovipara, cioè si riproduce mediante uova che vengono fecondate e che si sviluppano all'esterno del corpo materno. Alcuni pesci abbandonano le uova casualmente, altri costruiscono un nido o le ricoprono di sedimenti. Solo poche specie adottano delle cure parentali proteggendo il nido o i giovani avannotti. Alcuni pesci (in particolare Condroitti, come gli squali, ma anche alcuni Osteitti come i celacanti) presentano fecondazione interna e sono vivipari. Una piccola minoranza di pesci è ovovivipara. La maggior parte delle specie di pesci presenta sessi separati , sono quindi presenti maschi e femmine. Tra i Teleostei, però, alcune specie sono ermafrodite. Tra i serranidi soprattutto è presente l'ermafroditismo sincrono, in cui le gonadi maschili e femminili si sviluppano contemporaneamente e in casi rarissimi è possibile l'autofecondazione, mentre in altri pesci le gonadi si sviluppano in tempi successivi (ermafroditismo sequenziale) e avviene l'inversione sessuale. Se il pesce nasce maschio e si trasforma successivamente in femmina, si ha la proterandria, se avviene il contrario si ha la proteroginia. La proterandria è presente in circa 8 famiglie, tra cui sparidi e pomacentridi; la proteroginia è invece molto più diffusa, essendo presente in circa 14 famiglie, tra cui labridi e serranidi.

Alcuni pesci si riproducono in età avanzata, mentre altri sono in grado di accoppiarsi già dopo il primo anno di età. Alcune specie, come i salmoni del genere Oncorhynchus sono semelpare, cioè si riproducono solo una volta nel corso della loro vita, in genere alla fine del loro ciclo vitale. Altre invece sono iteropare, cioè sono in grado di riprodursi più volte.

I periodi riproduttivi variano in base alle aree geografiche in cui questi animali vivono. In Mediterraneo, la riproduzione avviene per la maggior parte delle specie in primavera ed in inverno, sebbene per alcune il periodo riproduttivo possa prolungarsi fino all'estate. Nelle zone tropicali la riproduzione avviene pressoché in tutte le stagioni. I periodi riproduttivi in genere seguono le variazioni stagionali della abbondanza di fitoplancton e zooplancton. In Mediterraneo, infatti, si ha una maggiore produzione di questi organismi in primavera ed in autunno, mentre ai tropici la presenza degli organismi planctonici è costante.

I pesci sono degli organismi ad accrescimento indeterminato, cioè la loro crescita non si arresta mai. Il tasso di accrescimento maggiore si ha prima che venga raggiunta la maturità sessuale. Una volta che si formano le gonadi, infatti, gran parte dell'energia viene utilizzata per la produzione dei gameti, rallentando considerevolmente il tasso di accrescimento.[2]

I pesci bevono? [modifica]
Il corpo degli esseri viventi è composto da una certa percentuale d'acqua, così quello dei pesci, che vivono immersi in un fluido (l'acqua) in cui sono disciolti alcuni mg di sali minerali per litro. Secondo il fenomeno conosciuto come osmosi, quando due soluzioni con diversa concentrazione sono separate da una membrana semi-permeabile la soluzione più concentrata si sposta verso l'altra, cercando di equilibrare la concentrazione da entrambe le parti. Così avviene anche nel corpo dei pesci, poiché la pelle altro non è che una membrana semi-permeabile. Vivendo in tipi di acque diverse però, i pesci d'acqua dolce e quelli d'acqua salata disporranno dell'acqua in modo diverso.

I pesci d'acqua salata vivono immersi in una soluzione a maggior concentrazione dell'acqua presente nel loro corpo. A causa di ciò sono soggetti a continua perdita di liquidi dalla pelle e soprattutto dalle branchie. Per rimpiazzare i fluidi persi devono bere molto: i reni filtreranno l'acqua salata e produrranno pochissima urina, molto concentrata, che permetterà l'espulsione del sale.

I pesci d'acqua dolce viceversa vivono immersi in una soluzione meno concentrata dei fluidi corporei: non necessitano di bere poiché essa tende a penetrare nella pelle diluendo i liquidi e costringendo i pesci a espellere grandi quantità di acqua tramite urine.

Sonno [modifica]
Anche i pesci dormono, ma il loro sonno può essere di due tipi diversi. Si ha il riposo vigile, che corrisponde a una specie di veglia dove il cervello viene fatto riposare ma i sensi sono attivi, e il sonno vero e proprio, inteso come sospensione delle attività.

Essendo privi di palpebre, non è possibile capire a prima vista lo stato di un pesce soprattutto se, come succede ad alcuni squali o altre specie pelagiche, questi continuano a nuotare per permettere il passaggio di acqua nelle branchie e quindi la respirazione.

In altre specie tuttavia il sonno è ben riconoscibile, come per alcune specie di pesci di barriera corallina, che di notte si avvolgono in uno spesso strato di muco (con la funzione di neutralizzare odori e sapori rendendoli invisibili ai predatori) da cui usciranno la mattina successiva; o come alcuni Cobitidi, che dormono appoggiati su di un fianco.

Non bisogna poi associare il buio e la notte con il sonno, poiché esistono tantissime specie notturne, soprattutto predatori, che riposano di giorno e di notte si aggirano tra i fondali o gli scogli per nutrirsi di pesci addormentati.

Acque dolci, salate o salmastre [modifica]
I pesci abitano tutte le acque presenti sul nostro pianeta; acque che vengono divise solitamente in dolci, salate e salmastre. La differenza sta nelle quantità di sali disciolti per litro. Nel corso del tempo i pesci si sono adattati ai vari ambienti, rispondendo alle regole biologiche e fisico-chimiche della natura.

Tuttavia esistono pesci che possono cambiare tipo di acqua durante la vita, da dolce a salata e viceversa, per motivi riproduttivi o alimentari, come i salmoni, le anguille e altri che, vivendo in acque lagunari, possono permettersi di spingersi nel mare o nei fiumi che sfociano in laguna (alcuni pesci palla ecc).

Termoregolazione [modifica]
La maggior parte dei pesci sono organismi ectotermi, non sono, cioè, in grado di regolare la loro temperatura corporea, che quindi è simile a quella dell'ambiente che li circonda.

Alcuni pesci, invece, sono omeotermi e quindi riescono a mantenere costante la loro temperatura corporea, che è indipendente da quella esterna. I teleostei omeotermici appartengono tutti alla famiglia Scombridae e includono pesci spada, marlin e tonni. Tra i condroitti, sono in grado di mantenere costante la temperatura corporea tutti gli appartenenti alle famiglie Lamnidae e Alopiidae. Pesci spada e marlin sono in grado di riscaldare solo gli occhi e il cervello, mentre tonni e grandi squali riescono a mantenere la temperatura corporea fino a circa 20 °C più elevata rispetto a quella dell'acqua. L'endotermia viene mantenuta mediante il trattenimento dal calore generato dai muscoli durante il nuoto e permette a questi pesci di accrescere la forza contrattile dei muscoli, di aumentare la velocità di elaborazione del sistema centrale e di aumentare la velocità della digestione.[26]

Etologia [modifica]
Comunicazione [modifica]
Tutti i pesci della barriera corallina si tengono lontano dalle specie velenose del genere Pterois Suoni [modifica]
In un mondo dove i suoni sono fortemente attutiti, sono ben pochi i pesci capaci di emetterne: le specie che ci riescono hanno modificato parti del corpo (vescica natatoria, alcune ossa, raggi delle pinne) che, opportunamente mosse, creano brontolii cupi o scatti improvvisi.

Colorazione [modifica]
Le specie che non necessitano di forme e colorazioni (livrea) mimetiche presentano invece colori vivaci e particolari, atti anche a comunicare particolari condizioni[27]. Questa caratteristica, conosciuta come aposematismo e comune ad altre classi animali, ha fatto sì che i pesci velenosi, con carni dal sapore sgradevole o dotati di particolari sistemi di difesa (spine, denti, aculei) siano vivacemente colorati, in modo da segnalare immediatamente ad eventuali predatori la loro pericolosità. Sono segnalati anche alcuni casi di specie innocue che imitano specie pericolose, o viceversa.

Altro caso è il dimorfismo sessuale, accentuato soprattutto nel periodo riproduttivo, quando i maschi assumono colorazione più vivace per meglio impressionare le femmine prima dell'accoppiamento.

Linguaggio del corpo [modifica]
Fondamentale è anche il linguaggio del corpo, solitamente universale per tutti i pesci, anche se esistono diverse eccezioni: viene usato per stabilire i rapporti gerarchici tra i conspecifici o tra specie diverse che hanno interessi comuni (cibo, sopravvivenza, territorio). Solitamente l'esemplare dominante o in atteggiamento aggressivo dispiega le pinne e a volte anche le branchie, con fare minaccioso. L'individuo subordinato abbassa le pinne sul corpo e a volte affievolisce la vivacità della livrea: un comportamento affine al pesce che ha problemi di salute.
Alcune specie inoltre possono cambiare livrea con i vari stati d'animo.

Comportamento [modifica]
Nonostante l'immaginario comune attribuisca ai pesci un sistema cognitivo relativamente semplice e poco plastico ai cambiamenti dell'ambiente, alcune recenti ricerche documentano invece come, alla base del loro comportamento, vi sia un meccanismo comune ad altri vertebrati terrestri[28].

È noto ad esempio come alcune funzioni cognitive quali la vigilanza da un predatore o l'osservazione di un conspecifico vengano elaborate prevalentemente da porzioni differenti del sistema nervoso dei teleostei, in maniera analoga a quanto si osserva nell'uomo per altre funzioni, dove le aree cerebrali del linguaggio sono localizzate prevalentemente a sinistra mentre le abilità visuo-spaziali si collocano maggiormente nell'emisfero destro.

Intelligenza [modifica]
I pesci sembrano essere in grado di risolvere anche problemi in apparenza molto complessi per il sistema nervoso di cui dispongono: una recente ricerca pubblicata su Animal Cognition (Agrillo et al., 2007) documenta ad esempio come, alla base delle scelte sociali verso gruppi di conspecifici di diversa numerosità, vi sia l'applicazione di abilità numeriche spontanee simili a quelle osservate anche in altri animali come uccelli, ratti e scimmie[29].

Sembra in sostanza che i pesci dispongano di un sistema rudimentale di calcolo matematico che permetta loro di distinguere quali tra due gruppi presentati sia il più numeroso[30].

Convivenze particolari [modifica]
Due Labroides dimidiatus puliscono le branchie ad un labride Remore e uno squalo nutrice.Sono numerosissimi i casi che vedono pesci convivere con disparate specie animali potenzialmente pericolose (perché predatori) o con particolari batteri che li rendono bioluminescenti. Spesso si tratta di mutualismo, ma esistono anche casi di parassitismo, seppure imperfetto.
Solo per citare alcuni esempi, è il caso di numerose specie che si nascondono tra i tentacoli delle meduse e dei famosi pesci pagliaccio (Amphiprioninae) che vivono tra i tentacoli urticanti degli anemoni marini senza esserne vittime, per merito di un particolare muco secreto dalla pelle che non attiva le temibili nematocisti degli anemoni.

Particolarmente interessante e studiato è il comportamento di un piccolo gruppo di pesci del genere Labroides (Labridae), la cui specie più conosciuta è Labroides dimidiatus che, nutrendosi di piccoli crostacei e vermi che parassitano comunemente molti pesci, sono dei graditissimi abitanti della barriera corallina, al punto che nei pressi delle loro tane si formano delle vere e proprie stazioni di sosta dove molti pesci attendono con pazienza di essere "ripuliti", lasciando pascolare questi pesciolini neroazzurri perfino tra le branchie e i denti. Una mansuetudine stimolata da una particolare danza che il piccolo pulitore esegue per essere riconosciuto. Una così inconsueta fiducia non poteva che essere sfruttata: esiste un piccolo blennide (Aspidontus taeniatus) assai simile nell'aspetto al labride ma con una voracità ben maggiore che, dopo aver danzato in modo simile al pulitore si avvicina al pesce fermo alla stazione di pulitura e lo morde velocemente, fuggendo con un pezzo di carne o di branchia[31].

Anche se non si tratta di vero mutualismo, molto conosciuti e studiati sono i rapporti che i pesci pilota e le remore instaurano con i loro "compagni di viaggio": questi pesci infatti sfruttano la protezione di grandi predatori (squali, razze, mante, tartarughe e cetacei) nuotando loro vicino o addirittura adesi ad essi, cibandosi degli avanzi dei loro pasti.

Aggregazioni e branchi [modifica]
Branco di aringhe (Clupea harengus)Alcuni pesci conducono una vita solitaria, mentre altri vivono insieme ad altri esemplari della stessa specie. In questo caso si possono formare aggregazioni o branchi.

Un'aggregazione (o shoal) si forma quando gruppi di pesci si riuniscono in risposta a stimoli esterni, quali la presenza di cibo o l'attrazione verso una fonte luminosa. Nell'aggregazione ogni pesce non mantiene una distanza precisa da un altro pesce e la velocità di nuoto varia da pesce a pesce. Ben diverso è il caso della formazione del branco (school), in cui ogni pesce è in grado di mantenere una distanza fissa dagli altri pesci e i cambiamenti di velocità e direzione di nuoto sono sincronizzati: il branco si muove come se fosse un singolo organismo. La posizione relativa di ogni pesce all'interno del branco è mantenuta mediante la vista e la linea laterale. Sono circa 10 000 le specie di pesci capaci di formare branchi, almeno in uno stadio della loro vita. Gli esempi più comuni di pesci che vivono in branchi sono le sardine (Sardina pilchardus), le acciughe (Engraulidae) e le aringhe (Clupea harengus).

Per le prede, il branco rende meno individuabili i singoli individui e confonde i predatori effettuando dei movimenti evasisi, come aprirsi a ventaglio o a fontana, per poi richiudersi alle spalle del predatore; per i predatori, cacciare in branco facilita la ricerca del cibo e permette di circondare le prede e condizionarne i movimenti.

Alcune specie formano aggregazioni o branchi durante i periodi riproduttivi, affinché vi sia una maggiore probabilità che i gameti rilasciati in acqua possano incontrarsi.[2]

Migrazioni [modifica]
Molte specie di pesci compiono delle migrazioni a scopo riproduttivo, alimentare o per l'accrescimento. Alcune specie compiono dei piccoli spostamenti, mentre altre come i tonni (Thunnus sp.) compiono dei vasti spostamenti oceanici.

Uno dei principali motivi che spinge i pesci a migrare è la dispersione delle larve. Queste, una volta schiuse le uova, vengono spinte dalle correnti verso aree riparate, dette aree di nursery, in cui ricevono nutrimento e protezione dai predatori. I pesci quindi si spostano per riprodursi in aree in cui sono presenti delle correnti locali che assicurino che le larve vengano trasportate nelle giuste aree di nursery. Qui gli avannotti si accrescono velocemente e raggiunte le dimensioni adeguate effettuano una contromigrazione verso il mare aperto.

Alcune specie sono in grado di compiere delle migrazioni dal mare verso i fiumi e viceversa. Le specie che si spostano per riprodursi dai fiumi al mare, come le anguille, sono dette anadrome; quelle che compiono la migrazione dal mare al fiume, come i salmoni, sono dette catadrome.

I tonni rossi (Thunnus thynnus) compiono delle migrazioni attraverso l'oceano Atlantico riuscendo a percorrere anche 9000 km in circa 4 mesi. Questa specie presenta due sottopopolazioni, una che vive lungo le coste del sud e del nord America e che si riproduce nelle acque del Messico, mentre l'altra vive lungo le coste atlantiche che vanno dal Marocco alla Norvegia e si riproduce in Mediterraneo. Qui i tonni entrano attraverso lo stretto di Gibilterra, seguono le principali correnti e si riproducono. Una volta terminato l'accoppiamento, alcuni tonni restano in Mediterraneo, mentre la maggior parte di essi torna nell'oceano. I piccoli tonni si accrescono velocemente, raggiungono la maturità sessuale a circa 3 anni, si spostano all'interno del Mediterraneo e dopo circa 7-8 anni tornano anch'essi nell'oceano.[2]

Strategie alimentari [modifica]
Tra i pesci esistono specie erbivore, carnivore, necrofaghe e onnivore.

Tra gli erbivori vi sono specie filtratrici, che si nutrono di fitoplancton che filtrano attraverso delle strutture presenti nelle branchie, dette branchiospine. I raschiatori si nutrono delle alghe epifite e di quelle incrostanti, mentre i brucatori si nutrono direttamente di alghe e di fanerogame.

I carnivori utilizzano diversi sistemi di caccia. I planctofagi filtrano l'acqua con le branchie per nutrirsi di zooplancton e di altri piccoli organismi; i cacciatori all'agguato si mimetizzano sul fondo e aspettato che le prede si avvicinino ad essi; i cacciatori all'inseguimento sono forti nuotatori e cacciano attivamente le loro prede; i cacciatori all'aspetto cacciano le loro prede restando nascosti all'interno di anfratti e altri nascondigli; i bentofagi si nutrono di specie che vivono su e dentro i fondali; i trituratori possiedono dei denti adatti a rompere l'esoscheletro di crostacei, coralli ed echinodermi. ) Alcuni come il pesce arciere (Toxotes jaculatrix) o l'arowana (Osteoglossum bicirrhosum) cacciano insetti fuori dall'acqua, il primo prendendo la mira e poi lanciano un getto d'acqua sulla vittima per farla cadere in acqua, l'altro saltando fuori per catturare la preda.

I necrofagi si nutrono di animali morti o feriti e ricercano le loro prede affidandosi alla ricezione di stimoli olfattivi, chimici o pressori.

Gli onnivori non hanno una dieta ben definita e si nutrono di tutto ciò che è commestibile, animale o vegetale che sia.

I pesci e l'uomo [modifica]
Ricca fonte per l'alimentazione umana [modifica]
Pescatori in Mozambico Tonni mediterranei al mercato Tsukiji a TokioFin dagli albori dell'umanità, il pesce ha rappresentato un'importante e soprattutto variabilissima fonte di cibo. La presenza di pesce facilmente catturabile è stato inoltre uno dei motivi per cui i primi insediamenti umani sono nati nelle immediate vicinanze di mari o corsi d'acqua.
Nel corso del tempo l'uomo ha imparato a sfruttare al meglio i prodotti ittici e proprio nell'ultimo secolo si sono sviluppate politiche di pesca atte da una parte ad aumentare la quantità del pescato e dall'altra a preservare pesci troppo giovani e rispettare i tempi di riproduzione. Tuttavia miliardi di esseri umani che dipendono dal mare concorrono in percentuale altissima all'impoverimento e al rischio di estinzione di molte specie. In soli 100 anni l'impoverimento dei mari e dei fiumi è stato altissimo, e solo negli ultimi decenni si è arrivati a capire l'importanza della biodiversità acquatica, istituendo riserve di pesca, incentivando l'acquacoltura e proibendo l'uso delle reti a strascico se non per particolari prodotti ittici. Ancora oggi è l'Oriente e in particolar modo il Giappone a dover dipendere dalle specie marine nella quasi totalità della dieta alimentare, consumato principalmente crudo (sushi e sashimi). Visitando il mercato del pesce più grande del mondo, lo Tsukiji a Tokio, ci si rende conto di come l'uomo sfrutta ormai le acque al di sopra delle loro possibilità. In questo mercato infatti sono presenti più di 10 000 specie commestibili di pesci e molluschi, che giungono ormai da tutte le aree più pescose del mondo (il pesce più quotato è il tonno del Mediterraneo, in particolare quello sardo, che arriva in Giappone surgelato). A volte sono presenti prodotti il cui reale bisogno alimentare è messo in discussione dal mondo occidentale, come le pinne di squalo, cetacei (mammiferi, ma pur sempre a rischio di estinzione) e il pesce palla (fugu), peraltro mortale se non trattato a dovere a causa della presenza della neurotossina tetradotossina in alcuni suoi organi.

Ecologia e pericoli [modifica]
Stato di conservazione [modifica]
A tutto il 2007, la Red list dell'IUCN annovera 1 201 specie di pesci minacciate di estinzione, circa il 4% di tutte le specie descritte.[32] Tra queste specie vi sono il merluzzo (Gadus morhua),[33] il Cyprinodon diabolis,[34] il celacanto (Latimeria chalumnae)[35] e il grande squalo bianco (Carcharodon carcharias).[36]

Poiché vivono sott'acqua, i pesci sono molto più difficili da studiare rispetto agli animali ed alle piante terrestri e le informazioni sulle popolazioni ittiche sono piuttosto carenti. Ad ogni modo, sembra che le specie di acqua dolce siano maggiormente minacciate poiché esse vivono spesso in aree relativamente piccole. Un esempio è dato dal Cyprinodon diabolis, che vive in un'unica pozza di soli 20 m2.[37]

Principali minacce [modifica]
Petrolio su una spiaggia Pesci morti in GermaniaLa pesca intensiva degli ultimi secoli ad opera dell'uomo è una delle principali cause che mettono in pericolo la vita nelle acque. La pesca, infatti, causa il collasso delle popolazioni ittiche (chiamate stock), che non sono in grado di riprodursi tanto velocemente da rimpiazzare gli esemplari sottratti. Si crea così un'estinzione commerciale, che non comporta l'estinzione della specie ma il fatto che gli stock ittici non sono in grado di sostenere una pesca economicamente vantaggiosa.[38]

Un'altra minaccia alle popolazioni ittiche viene dall'inquinamento delle acque. Nel corso dell'ultimo secolo l'industrializzazione, l'aumento della popolazione e di conseguenza l'aumento di scarichi di vario tipo nelle acque ha creato forti disagi tra i pesci che se nel migliore dei casi abbandonano il corso o lo specchio d'acqua, nel peggiore vengono uccisi velocemente da sostanze velenose o cancerogene. Ciò comporta anche il rischio di avvelenare l'intero ecosistema e di vedere in alcuni casi morire l'intero corso d'acqua per eutrofizzazione.

Meno comuni ma terribilmente disastrose sono le perdite di petrolio in mare dovute ad incidenti alle petroliere o agli oleodotti. Il petrolio tende a ricoprire la superficie prima e il fondo poi, soffocando con una pesante e tossica coltre nera pesci, uccelli e vegetali. In caso di incidenti come questi solo dopo decenni la vita riprende rigogliosa, spesso contando alcune assenze tra le specie e creando così disequilibri nelle catene alimentari.

In molti paesi tropicali inoltre ha luogo la pesca indiscriminata per l'acquariofilia, principalmente per le specie che non si riproducono in cattività o per le quali l'allevamento è meno conveniente della cattura. Se nelle acque dolci il problema è meno sentito, lungo le barriere coralline esso è visibile, in quanto molti pescatori locali usano spruzzare una soluzione di cianuro per stordire i pesci e catturarli. Oltre a rischiare la vita del pesce spesso vengono uccisi i polipi dei coralli che si trovano nelle immediate vicinanze.

Anche l'introduzione di specie aliene costituisce un pericolo per le specie ittiche. Uno dei casi meglio studiati e tra i più dannosi è l'introduzione nel Lago Vittoria in Africa del persico del Nilo (Lates niloticus). Questo predatore è stato in parte inserito volontariamente nel lago, per sostenere la pesca delle popolazioni locali. Alcuni esemplari, comunque, sono sfuggiti dagli stagni in cui venivano allevati per motivi di studio. Il persico ha praticamente eliminato tutte le popolazioni di ciclidi endemiche ed esclusive del lago Vittoria, causando danni sia all'ecosistema, sia alle popolazioni umane: dopo l'introduzione della specie, infatti, si osservò un calo di circa l'80% del pescato. Inoltre, il persico eliminò i predatori naturali di un mollusco che costituisce uno degli ospiti intermedi dei platelminti responsabili della schistosomiasi, una malattia mortale per l'uomo se non curata in tempo.[39]

Tra i pericoli naturali dei pesci si possono annoverare molti casi di parassitosi da parte di crostacei, molluschi e vermi. Il detto popolare Sano come un pesce ha ben poco di vero: i pesci sono soggetti a molte malattie, tanto quanto tutte le altre classi di animali e vegetali, tuttavia in natura è difficile osservare pesci gravemente ammalati, in quanto la selezione naturale fa sì che questi spesso vengano eliminati dai predatori.

I pesci nella cultura, nell'arte e nella religione [modifica]
Presente nella dieta umana dalla Preistoria, il pesce è rappresentato in tutte le civiltà del bacino mediterraneo assieme agli altri alimenti offerti dalla natura. E nelle prime religioni matriarcali, il pesce è simbolo della Dea Madre, rappresentazione grafica del ventre femminile (simbologia che i Celti manterranno per secoli). Appaiono, secoli dopo, anche negli affreschi tombali egizi come nei mosaici romani di età imperiale, alimento ma anche simbolo di fertilità e di sessualità (il delfino, considerato un pesce, era il simbolo di Afrodite e della sua corrispettiva babilonese, Freyja). Come non ricordare poi le mitiche sirene omeriche e gli dei-pesci fenici? O ancora la presenza nei miti indiani di Maya, il pesce parlante?

L'avvento del Cristianesimo concorre ad attribuire al pesce un significato mistico: Gesù cerca i suoi discepoli tra i pescatori, dice loro "Vi farò pescatori di uomini" e compie il miracolo dei pani e dei pesci.

Durante le persecuzioni i primi cristiani idearono un acronimo con la semplificazione della parola greca ichthys (pesce): Iesus Christos Theou Yios Soter, ICTYS appunto, cioè Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore e usarono questa sigla o solo l'immagine del pesce per indicare i primi luoghi di culto o addirittura i cristiani stessi.

Durante i secoli successivi il pesce venne raffigurato assieme ai discepoli, ma l'arte fiamminga inserì i pesci e gli altri prodotti del mare nelle splendide e dettagliate nature morte che contraddistinsero i pittori nordici dal XV secolo. Nell'arte moderna e contemporanea il pesce è un soggetto sporadico.

L'arte orientale (cinese e giapponese soprattutto), così sensibile alle bellezze della natura, negli ultimi quattro secoli ha prodotto tavole e oggetti di scultura di raffinata fattura in parallelo all'"arte" della selezione di varietà di pesci rossi e carpe koi dalle livree incantevoli, oggetto di vanità tra i nobili del tempo.

Tebe, affresco egizio
Mosaico a Pompei
Bestiaro medievale di Aberdeen
Adriaen van Ostade, XVII secolo

Natura morta di Abraham Hendriksz
Pieter Pietersz, L'angelo e Tobia, 1625
Jean-Baptiste Siméon Chardin, XVIII secolo
Kuniyoshi Utagawa, XVIII secolo


I pesci come animali domestici: l'Acquariofilia [modifica]
Un acquario domestico Per approfondire, vedi la voce Acquariofilia.

L'acquariofilia è un hobby che vede le sue antiche origini nell'allevamento a scopo alimentare che già i Romani fecero con le specie a loro più gradite, e che venne ripresa e studiata a fondo nel corso dei secoli, fino ad approdare alla fine del XIX secolo forte delle innovazioni tecnologiche come vetri a basso costo, energia elettrica ed esplorazioni geografiche di Americhe ed Africa. Grande impulso allo sviluppo scientifico di questo hobby lo diede il grande naturalista Konrad Lorenz, padre dell'etologia, quella scienza che studia il comportamento animale. Si scoprì quindi che i pesci erano animali più complessi di quanto si fosse mai pensato prima.

Dal secondo dopoguerra l'acquariofilia conobbe un periodo florido che non si è mai interrotto, arrivando a sviluppare diverse branche di questa disciplina naturalistica e permettendo numerosi studi etologici e biologici. Negli ultimi decenni si è arrivati ad un'acquariofilia consapevole, che tiene grandemente in considerazione le particolari esigenze fisiologiche delle centinaia di specie preposte all'allevamento in cattività, la maggior parte delle quali ormai sono riproducibili facilmente in acquario. Essere acquariofili oggi significa conoscere elementari concetti di chimica e di biologia, applicandoli come risposta alle esigenze degli organismi viventi che si allevano.

Il mercato è ampio e concorrenziale, alimentato anche da numerosi allevatori che si scambiano varie specie, alcune delle quali particolarmente difficili da trovare in commercio. In questo modo si è giunti a conservare in cattività un patrimonio biologico che è sempre più minacciato dalle distruzioni degli ambienti naturali da fattori antropici, tanto che oggi alcune specie non sono considerate estinte soltanto perché capillarmente diffuse negli acquari degli appassionati di tutto il mondo.

Classificazione [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Classificazione tassonomica dei pesci.

Tradizionalmente col termine pesci si identificano tutti i Vertebrati acquatici non Tetrapodi, inclusi nella superclasse degli Agnati (pesci privi di mascelle) e in alcune classi viventi di Gnatostomi: Condroitti (pesci cartilaginei), Attinopterigi e Sarcopterigi. In precedenza questi ultimi due gruppi costituivano l'unica classe degli Osteitti (pesci ossei)[2].

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Father And Son - Cat Stevens
da Tea for the Tillerman - 1970 - A&M


Testo della canzone (lingua originale)

Father And Son

Father:
It's not time to make a change
Just relax, take it easy
You're still young, that's your fault
There's so much you have to know
Find a girl, settle down
If you want, you can marry
Look at me, I am old
But I'm happy

I was once like you are now
And I know that it's not easy
To be calm when you've found
Something going on
But take your time, think a lot
I think of everything you've got
For you will still be here tomorrow
But your dreams may not

Son:
How can I try to explain
When I do he turns away again
And it's always been the same
Same old story
From the moment I could talk
I was ordered to listen
Now there's a way and I know
That I have to go away
I know I have to go

Father:
It's not time to make a change
Just sit down and take it slowly
You're still young that's your fault
There's so much you have to go through
Find a girl, settle down
If you want, you can marry
Look at me, I am old
But I'm happy

Son:
All the times that I've cried
Keeping all the things I knew inside
And it's hard, but it's harder
To ignore it
If they were right I'd agree
But it's them they know, not me
Now there's a way and I know
That i have to go away
I know I have to go

Testo della canzone (traduzione italiana)

Padre e figlio

Padre:
Non è tempo di cambiare
Rilassati, prendila con calma
sei ancora giovane, questa è la tua colpa
Hai ancora molte cose da conoscere
trovare una ragazza, sistemarti,
se vuoi puoi sposarti
Guarda me, sono vecchio,
ma sono felice

una volta ero come sei tu ora,
e so che non è facile
Rimanere calmi quando hai trovato
qualcosa che va
ma prendi il tuo tempo, pensa a lungo
Perché, pensa a tutto quello che hai avuto.
Per te sarà ancora qui il domani,
ma forse non i tuoi sogni.

Figlio:
Come posso provare a spiegare,
quando lo faccio, si volge altrove di nuovo
È sempre la stessa vecchia storia
Dal momento in cui potevo parlare,
mi fu ordinato di ascoltare
Ora c'è una strada e so
che devo andarmene
So che devo andare

Padre:
non è tempo di cambiare
Siediti, prendila con calma
sei ancora giovane, questa è la tua colpa
Ci sono ancora molte cose da affrontare
trovare una ragazza, sistemarti,
Se vuoi puoi sposarti
Guarda me sono vecchio,
ma sono felice

Figlio:
tutte le volte che piansi,
tenendo tutto dentro di me
È dura, ma è anche dura
ignorare tutto
Se avevano ragione, ero d'accordo,
ma sono loro che tu conosci, non me
Ora c'è una strada e io so
che devo andarmene
So che devo andare

domenica 15 agosto 2010

my way







Questa è la storia di uno di noi
Anche lui nato per caso in via Gluck
In una casa fuori città
Gente tranquilla che lavorava
La dove c'era l'erba ora c'è una città
E quella casa in mezzo al verde ormai
Dove sarà?

Questo ragazzo della via Gluck
Si divertiva a giocare con me
Ma un giorno disse vado in città
E lo diceva mentre piangeva
Io gli domando amico non sei contento
Vai finalmente a stare in città
La troverai le cose che non hai avuto qui
Potrai lavarti in casa senza andar giù nel cortile

Mio caro amico disse qui sono nato
E in questa strada ora lascio il mio cuore
Ma come fai a non capire
E' una fortuna per voi che restate
A piedi nudi a giocare nei prati
Mentre la in centro io respiro il cemento
Ma verrà il giorno che ritornerò ancora qui
E sentirò l'amico treno che fischia così

Passano gli anni ma otto son lunghi
Però quel ragazzo ne ha fatta di strada
Ma non si scorda la sua prima casa
Ora coi soldi lui può comperarla
Torna e non trova gli amici che aveva
Solo case su case catrame e cemento
La dove c'era l'erba ora c'è una città
E quella casa in mezzo al verde ormai
Dove sarà?

Non so, non so, perché continuano a costruire le case
E non lasciano l'erba, non lasciano l'erba,
Non lasciano l'erba, non lasciano l'erba
E no se andiamo avanti così
Chissà come si farà, chissà, chissà come si farà

der Junge weg GLUK


Dies ist die Geschichte von einem von uns
Selbst wenn er zum Gluck geboren
In einem Haus außerhalb der Stadt
Ruhige Menschen, die gearbeitet
Das Gras war, wo es ist heute eine Stadt
Und das Haus im Wald jetzt
Wo ist es?

Dieser Kerl ist Gluck
Er liebte es, mit mir zu spielen
Aber eines Tages sagte ich zu Stadt
Und er sprach zu weinen, während
Frage ich den Freund, den du bist nicht glücklich
Geh jetzt in der Stadt bleiben
Hier finden Sie die Dinge, die Sie nicht hier
Sie können zu Hause ohne hinunter in den Hof waschen

Mein Freund sagte, Ich bin hier geboren
Und auf diese Weise verlasse ich mein Herz am
Aber wie wollen Sie nicht verstehen
Es ist eine Chance für Sie bleiben
Barfuß auf dem Feld spielen
Während ich atmen in der Mitte des Zements
Aber der Tag wird wieder hierher zu kommen
Und höre den Zug pfeift als Freund

Die Jahre vergehen, aber acht sind lang
Aber der Junge hat einen langen Weg zurückgelegt
Aber Sie werden nie vergessen, ihre erste Heimat
Jetzt mit dem Geld, das er es kaufen kann
Geh und finde Freunde, die hatten
Nur Immobilien auf Teer und Zement Immobilien
Das Gras war, wo jetzt gibt es eine Stadt
Und das Haus im Wald jetzt
Wo ist es?

Ich weiß nicht, ich weiß nicht, warum sie weiter Häuser bauen
Und lassen Sie das Gras, lassen Sie das Gras,
Lassen Sie sich nicht ins Gras, lassen Sie das Gras
Und nicht, wenn wir so weitermachen
Irgendwie wird man, wer weiß, wer weiß, wie es zu tun



Io, te, gli stessi occhi
- a cura di Silvia e Matteo -


Christine e Léa Papin

"Una solitudine divisa in due parti del tutto uguali può dare vita a una dimensione splendida, oppure può distruggerla"


LEI

Christine Papin nasce in Francia nel 1905.
Non la aspetta una vita facile e questo le è chiaro da subito. Sua madre, affettuosamente chiamata Maman, vive nell'indigenza più nera e decide di mettere sia lei che la sorella minore nell'orfanotrofio "Buon Pastore" di Le Mans.
Christine non crede alla storia dell'indigenza. E' certa che la mamma abbia voluto sbarazzarsi di loro due, bambine senza alcuna colpa e bisognose di cure.
Fra le mura del collegio, attraverso lo studio e la preghiera, Christine e la sorellina creano un piccolo mondo a parte fatto di affetto e delicatezza. Christine, fra le due, è la più carismatica: è lei a detestare la mamma, è lei a prendere decisioni, è lei a dare consigli e ammonimenti. In qualche modo, riassume una figura autoritaria. Quasi maschile.

LEI

Non si può parlare di Christine senza parlare di Léa, e c'è un perché.
Bisogna chiedersi, in primo luogo, chi sia Léa.
Anche lei, destinata all'orfanotrofio in tenera età, vive in maniera remissiva, quieta e obbediente per diversi anni.
Le mura del "Buon Pastore" sono per lei solide barriere che la proteggono dal mondo, in più può contare sulla sorella maggiore, Christine, e sa che quest'ultima si prenderà cura di lei perché ha polso e temperamento.
Questa è Léa.
La proiezione più fragile e delicata della sorella. Lenta, di intelligenza un poco inferiore alla media; una specie di bambina introversa e mai cresciuta, spaventata da tutto e legata a Christine in modo viscerale.


C'è poi una terza sorella con cui il destino, se così si può dire, sarà meno clemente: il padre, alcolizzato, ne abuserà per anni a tal punto che la bambina, più piccola delle altre due, si ritirerà in un convento.
Non è dato sapere se, prima del ricovero in orfanotrofio, lo stesso trattamento fosse stato riservato anche alle altre due figlie. Il sospetto, però, è assai forte.

Bisogna spendere due parole per la cittadina francese di Le Mans degli anni '30. Località pacifica, tranquilla, in molti casi meta di vacanze. La borghesia vive nel lusso, fra salotti, tè pomeridiani e ristoranti chic.
Figure assolutamente immancabili nei palazzi borghesi sono le cameriere o, per meglio dire, le "serve". "Serve" è il termine esatto poiché all'epoca la cameriera è tenuta a sbrigare mansioni a tutto tondo: cuoca, addetta al bucato, sarta e addirittura impiegata nei lavori di fatica. Tutto ciò che occorre alla casa è compito della cameriera. Di solito venivano mandate a lavorare sulla base di referenze e alloggiate presso la dimora dei padroni.
E' ciò che avviene anche a Christine Papin quando lascia l'orfanotrofio e trova impiego presso la famiglia Lancelin, che le mette a disposizione una piccola mansarda in cui sistemarsi.
Ben presto Christine finisce preda di un'ossessiva inquietudine. Ha sempre condiviso tutto con Léa ed è preoccupata che la sorella, rimasta sola al "Buon Pastore", resti senza punti di riferimento. Decide così di sottoporre le referenze della giovane alla padrona di casa. Vuole che la assumano, perché vuole dividere il lavoro con lei come se fosse un gioco.
Madame Lancelin decide di accettare così anche Léa, poco più che ventenne, che raggiunge la casa di Rue Le Bruyére armata di una valigia, della sua freschezza e di una buona dose di volontà. La gioia di Christine è incontenibile: l'unica persona che le rappresenti una famiglia è finalmente accanto a lei.
Per entrambe inizia una grande avventura. Christine si occupa delle cucine: pranzo, cena e colazione, oltre al tè delle cinque e ai dolci da servire a Madame. A Léa è destinata la cura del guardaroba, inoltre dovrà spolverare e lucidare casa. Quest'ultima mansione è molto importante. E' una delle stravaganti paranoie di Madame Lancelin.

La famiglia Lancelin si compone di tre persone, ognuna delle quali a suo modo eccentrica.
Madame Lancelin è una donna irriverente, esplosiva, dal corpo gracile e dai capelli biondi. Colleziona cappelli esuberanti e non perde occasione per farsi notare. A differenza delle sue domestiche, è molto chiassosa, pronta alla battuta. Quando Madame è in casa, la sua presenza si avverte in ogni stanza: chiacchiera, ride, suona il piano e tiene la musica accesa. Sembrerebbe una padrona modello se non fosse per le sue fissazioni. Una di queste è indossare un guanto bianco con cui passare le superfici. Guai se trova tracce di polvere, la cosa la fa imbestialire al punto da sciorinare durissime reprimende, specie nei confronti di Léa che è più mansueta. Altre volte, Madame approfitta dell'educato sottomettersi della giovane per costringerla a mansioni svilenti: la fa mettere in ginocchio ai suoi piedi a raccattare oggetti da terra, come perline o carte di cioccolatino che pare faccia cadere apposta. C'è una forma di vanità assoluta, in Madame: un compiacersi di fronte alla bellezza dei suoi cappelli, al fasto della sua dimora e all'obbedienza delle sue domestiche. Un perfezionismo profondo e maniacale che rende le Papin due strumenti per la sua autoesaltazione. La casa deve essere perfetta, ogni cosa deve scintillare, ogni cosa deve essere meravigliosa perché Madame vive nel bello. Nei confronti di Christine non azzarda invece alcun rimprovero. La sorella maggiore non è come Lèa, è più scontrosa e accigliata. Si vocifera che, in alcuni casi, abbia risposto alle lamentele di Madame sbattendo i coperchi sulle pentole della cucina. Un tipo schivo, che lavora a testa bassa e non vuole noie. Così Madame si limita a scriverle bigliettini con consigli e sfoga i suoi nervi su Léa.

La figlia Genevieve Lancelin, invece, è una ventenne grassoccia e bruttina, senza alcuna personalità. Invidiosa di tutto, pettegola e curiosa, cerca di scimmiottare la madre pur disprezzandone i comportamenti rumorosi e poco raffinati. Ama ingozzarsi di cioccolato, la sua figura si arrotonda continuamente senza che lei ci faccia caso. Persino la madre cerca di aiutarla nascondendo i dolci dalla sua vista, ma lei sembra non ascoltare: li stana e si abbuffa, esattamente come un bambino in vena di dispetti. A Genevieve non piacciono le due governanti, le sono sembrate ambigue da subito e passa il suo tempo a spiarle, suggerendo alla madre i suoi sospetti: "Sono strane", le dice continuamente. La spaventano perché non parlano mai, ma soprattutto perché non alzano lo sguardo.

Il signor Lancelin, infine, è un avvocato. Un tipo riservato e chiuso che passa quasi tutto il tempo fuori casa per lavoro, o forse per scelta. L'uomo, infatti, è amante del silenzio e sia la moglie che la figlia glielo negano totalmente. Inoltre è succube delle due donne.

Per le domestiche, la vita in mansarda è una sorta di benedizione: solo in quel luogo si sentono libere, conversano, ricamano e pregano, alla larga da Madame e figlia. In questo modo, cominciano a guardarsi con occhi nuovi. Non sono più soltanto sorelle, ma anche alleate, complici, colleghe, coinquiline, una cosa sola.
Qui, la nostra storia cambia colore: si fa più scura, torbida, forse malata.
La cinematografia e il parere di alcuni psicologici ci danno un suggerimento, una tesi che la stessa Christine supportò nei suoi momenti confusionali. Entrambi i film "Sister my Sister" e "Les Blessures Assassines", sconosciuti in Italia, calcano la mano sul legame fra le Papin, un legame ossessivo che arriva a sfociare in qualcosa di più serio: coccole, carezze, notti passate a scoprirsi, infilando le mani sotto le vesti da camera, conquistando una nuova forma di piacere esclusivo, l'ennesimo "mondo a parte" in cui rifugiarsi. Secondo queste versioni, le sorelle erano diventate amanti e passavano molto tempo a letto, in mansarda, a dedicarsi ai piaceri carnali.
Vogliamo supportare questa tesi?
L'autrice di questo articolo non vuole. Vuole offrire un altro spunto di riflessione.
Consideriamo la mansarda stessa: un luogo angusto dove esse passano gran parte del loro tempo libero, dividendo un unico letto e tutti i momenti di libertà.
Consideriamo il padre che le ha segnate, sottoponendole a un'infanzia di bestialità, al successivo spostamento presso un orfanotrofio dove imparano a sopravvivere contando unicamente una sull'altra, alla casa dei Lancelin che è il loro banco di prova opprimente, la loro prigione dove nemmeno alla polvere è consentito addentrarsi.
Ecco, allora, è probabile che languisse in loro una sorta di assuefazione a quella folle reclusione "a due": abituate a spartire ogni momento e ogni spazio, si avvicinarono l'una all'altra, forse spinte da una curiosità naturale per due ragazze rispettivamente di ventuno e ventotto anni, che mai s'erano concesse a un uomo. Il loro era un primario bisogno d'affetto e non una lubrica perversione. Forse, l'ipotesi dell'omosessualità non è nemmeno fondata, ma soppiantabile con innocenti tenerezze.
Un'unica cosa è certa: erano diventate siamesi psicologiche.

Dai resoconti dell'epoca risulta che le sorelle passano tutta la domenica in mansarda, gettando Madame Lancelin in pasto ai dubbi: perché dormono fino a tardi? Come mai non si decidono a scendere? Perché al momento del loro arrivo impiegavano volentieri il giorno di libertà per fare passeggiate e ora, invece, stanno rintanate lassù, ridendo fra loro?
La stessa Genevieve sviluppa un occhio ancora più critico verso le sorelle: quel loro attaccamento ha qualcosa di morboso ed eccessivo. In casa se ne accorgono tutti.
Frattanto, nella mansarda è un periodo di grandi progetti. Léa ha paura. Teme i bruschi rimproveri della padrona di casa e sopporta a malapena la mole di lavoro: unico conforto, la sera, è spogliarsi e rannicchiarsi al fianco della sorella che la ama e la protegge. Così si comincia a pensare all'avvenire, si raccolgono i guadagni e si fantastica circa una fuga assieme. Christine è convinta che, con un po' di pazienza, la loro vita cambierà in meglio: Léa è rincuorata da questa illusione e, come sempre, pende dalle labbra dell'altra.
Paradossalmente, la prigionia in casa Lancelin non è delle più terribili. Madame è puntigliosa, Genevieve è maligna, ma la paga è buona e si tira avanti. In altre parole, tutto fila apparentemente liscio, basta armarsi di pazienza.

E' il 2 febbraio 1933 e Le Mans sta per conoscere un misfatto sanguinoso, un delitto incredibile che animerà la stampa nazionale per molto tempo.
Madame Lancelin e sua figlia escono per commissioni. Quella stessa sera, in un ristorante alla moda, hanno appuntamento con il signor Lancelin e il cognato.
Genevieve è molto chiara nel dare istruzioni a Léa: vuole che la camicetta di pizzo al suo ritorno sia perfettamente stirata. Guai se trova una piega. Léa sa che, quella settimana, il ferro da stiro si è già rotto una volta e teme che possa accadere di nuovo.
Appena le padrone escono di casa, le domestiche si mettono al lavoro.
Poco dopo, come previsto, il ferro smette di funzionare e genera un corto circuito. La camicia della padrona è rovinata, il ferro surriscaldato ha lasciato una bruciatura sulla stoffa e Léa ha una crisi di nervi. Christine cerca di calmarla invano: Léa balbetta che ha paura, è fuori di sé e trema come una foglia al pensiero del rimprovero che le toccherà subire.
"Per oggi il lavoro è finito", sentenzia Christine.
Non c'è più luce, la casa è immersa nel buio e non si può lavorare. Le sorelle fanno l'unica cosa che hanno imparato a fare ogni volta che si sono prospettate difficoltà all'orizzonte. Cercano riparo nella loro piccola mansarda, si infilano le vesti da camera e si mettono sotto le coperte assieme, consolandosi a vicenda e temendo l'arrivo della padrona. Hanno anche contato i soldi guadagnati, ipotizzando la fuga: non bastano, ed è impossibile scappare. Non possono che restare al buio, con le orecchie tese.
La padrona rientra, seguita dalla figlia. Subito nota la totale oscurità che regna nella casa. Lo vive come un oltraggio. Cosa stanno combinando quelle due? Perché hanno spento tutte le luci? Vogliono scherzare? Come si permettono un simile affronto sapendo che lei sta per tornare a casa e vuole trovare tutto in ordine e presentabile?
Sale le scale con passo di guerra. Già a metà scala ha iniziato a strillare all'indirizzo di Christine perché le spieghi cosa sta combinando in casa sua.
Proprio Christine, con le spalle più forti della sorella, si decide ad affrontarla: esce dalla mansarda con indosso la veste da camera, i capelli scomposti e sciolti sulla schiena, l'aria trasandata e sconvolta.
Non sappiamo cosa avvenga a questo punto. Si ipotizza che Christine cerchi di dare spiegazioni.
Sappiamo due cose: Genevieve è su tutte le furie per via della sua camicetta rovinata e Madame perde la calma completamente, scagliandosi in mille aggressioni verbali nei confronti di Christine.
Léa accorre sul posto a sua volta, richiamata dalle grida.
Forse Madame, alla vista della sorella minore anch'essa in una tenuta tanto disdicevole, le accusa apertamente e le licenzia. Dobbiamo considerare che all'epoca due donne seminude e spettinate, nello stesso letto, in una casa di buona fama, erano un vero attentato al senso della decenza.
Madame Lancelin scende le scale imitata dalla figlia, sembra decisa a tornare sui suoi passi. Poi, però, commette un errore fatale. Torna indietro e continua a urlare e insultare, restando a metà scala, col viso paonazzo. Christine e Léa, ormai, sono come cadute in trance: tremano a occhi sbarrati, si aggrappano l'una all'altra completamente sotto shock. Forse si sentono davvero scoperte.
Christine grida: "Gli occhi!", e si getta come una belva su Madame. Le artiglia le mani al viso e, con la pressione dei pollici, le cava entrambi i bulbi oculari.
E Léa?
Léa non ha mai fatto nulla da sola e segue a ruota tutto ciò che fa Christine. Si avventa con altrettanta foga sulla giovane Genevieve e ripete esattamente ciò che ha fatto la sorella.
Le padrone, accecate, rotolano per le scale e comincia un'orgia di sangue. Le sorelle Papin ripetono ritualmente le stesse gesta. Si armano di martelli, coltelli, brocche, tutto ciò che riescono a trovare. Inizia una carneficina: i corpi delle Lancelin vengono massacrati. Christine passa gli strumenti alla sorella e lei emula quanto vede e viceversa. E' una follia organizzata dove una scimmiotta l'altra come allo specchio. Gambe, mani, denti, addirittura i genitali. Nulla viene risparmiato.
La servitù finisce lì, sulle scale, in una pozza di sangue. Le sorelle, ora libere, tornano alle consuete occupazioni di loro spontanea iniziativa: puliscono le macchie di sangue, gli strumenti vengono lavati e riposti nei cassetti, tutto viene meticolosamente riordinato, come si richiede a due domestiche. Poi salgono in mansarda e si sfilano gli abiti sporchi. Nude, si infilano sotto le coperte e restano lì a lungo, abbracciate e terrorizzate.
Verso sera, Monsieur Lancelin, non vedendo arrivare le parenti alla cena, si reca a casa in compagnia del cognato. La trova immersa nel buio, fatta eccezione per una luce fioca in mansarda, come di candela. I due notano che ogni volta che si avvicinano alla porta di ingresso, la luce si spegne. Se invece si allontanano, si riaccende.
Sono quelle due. E' successo qualcosa.
Entrano in casa e si trovano davanti uno spettacolo raccapricciante. Gli inquirenti riferiranno che "uno degli occhi di Madame era nel bel mezzo di un gradino, a una certa distanza dal corpo". Le sorelle Papin vengono trovate nude nel letto, in stato confusionale.
Questa volta saranno costrette a separarsi.

Un processo controverso che terrà sulle spine tutta la Francia sta per avere inizio. Cominciano a serpeggiare le prime ipotesi sul delitto, condite di malizia, mentre Le Figaro urla a grandi titoli "Agnelli mutati in lupi", pubblicando i volti straziati delle Papin o i loro ritratti di famiglia: giovani, ricciute, con indosso abiti identici. Collera, passione, premeditazione, lesbismo. Le cronache dell'epoca iniziano un'opera di sciacallaggio attorno al caso. Forte è la connotazione sociale dell'affare Papin: esse rappresentano una rivolta politica, il servo che uccide il padrone opprimente, quasi un'icona.
Per Christin e Léa, invece, ha inizio un incubo. Non sono i giornali a turbarle, ma la nuova vita in carcere, separate.
Christin è vittima di allucinazioni e vaneggiamenti. Grida il nome della sorella e inizia a manifestare un serio disturbo psicotico: con la lingua traccia dei segni sul muro della cella; si rifiuta di mangiare, molte volte trascende in atteggiamenti osceni invocando la sorella e rivolgendosi a lei con espliciti inviti sessuali e altre volgarità. Alterna fasi del tutto sconnesse: da inappetente a delirante, da isterica a violenta, da pentita a oscena. In un'occasione le viene messa la camicia di forza perché viene sorpresa mentre cerca di togliersi gli occhi con i pollici.
Léa è vuota. Non ha più il suo modello, le hanno tolto tutto ciò che sapeva di se stessa. Se stessa era dentro Christine. Esegue gli ordini muta e zitta, non parla mai, è quasi catatonica.
Al processo, Christine rilascia affermazioni allucinate. Vuole sapere dov'era prima di venire al mondo, se era in una pancia. Vuole sapere se le Lancelin avranno modo di tornare sulla terra prendendo possesso di nuovi corpi. Sostiene di essere stata il marito di sua sorella in una vita precedente. Si addossa tutta la colpa, poi la spartisce con la sorella, poi se l'addossa ancora. Tiene gli occhi chiusi ogni volta che viene interrogata. In un'occasione si rivolge a sua sorella, trasecolata, e nel pianto la scongiura: "Dì di sì! Dì di sì!".
Léa non ha più forze. Non riesce a reagire di fronte a un simile dramma. In aula, si limita a guardarsi attorno sperduta e cerca ancora di imitare la sorella, in modo fiacco e poco convincente. Nemmeno lei crede più a quella storia.
Solo su un punto sono d'accordo entrambe: il padre ha abusato di loro, la madre le ha dimenticate, il mondo ha riservato loro solo squallidi maltrattamenti e questo spiega tutto. Deve spiegare tutto. Quando viene chiesto a Christine se abbia intrapreso con la sorella una relazione omosessuale e incestuosa, lei risponde di "amarla come si ama una sorella".
Ma le loro strade si divideranno ugualmente. Christine sarà riconosciuta come colpevole ed esecutrice materiale del crimine, verrà condannata ai lavori forzati e finirà i suoi giorni in una clinica psichiatrica. Alla lettura del verdetto cadrà in ginocchio e, da quel momento, non farà più il nome di Léa. In clinica, la sua fragile precarietà mentale degenererà del tutto: passerà la vita a ripetersi "Sono una buona a nulla". Quando porteranno Léa a visitarla, non la riconoscerà nemmeno.
Léa sarà scarcerata per buona condotta e tornerà a vivere dalla madre. Spenderà il resto della vita facendo la domestica a Nantes. Nel 1982 verrà diffusa la notizia della sua morte.

Nel 2000, il documentario di Claude Venutra "Enquete Des Soeurs Papin" riporta a galla quel trucido caso in bianco e nero.
Léa non è morta, ma vive in un ospizio in Francia e ha 89 anni, è semiparalizzata e quasi incapace di parlare. Alcuni giornali francesi riportano una sua breve intervista in cui sostiene di "conservare ancora foto sue e di Christine, foto assieme, foto della sorella, foto in cui erano belle e felici".
Dopo l'apparizione televisiva, non si hanno più avuto notizie di Léa Papin. Rimane da chiedersi se certi inspiegabili amori siano davvero destinati a durare per sempre.


Profili psicologici

Il caso, da un punto di vista dell'analisi psicologica dei protagonisti, è assai simile a quanto spesso avviene nelle coppie assassine composte da un uomo e una donna. Nella fattispecie, abbiamo un elemento "dominante" (che di solito è maschile), Christine, probabilmente affetto da disturbi paranoidi, e un elemento, Léa, talmente di basso profilo da rifiutare di crearsi una propria identità personale. Léa, infatti, imita la sorella, ne assume la stessa condotta, la cerca quando è in difficoltà, ne imita il look. L'atteggiamento di Léa è da attribuirsi a una considerazione del proprio Io che rasenta la nullità ed è anche questo a farle maturare il bisogno di "fondersi" in un'altra persona che, ai suoi occhi, è forte e carismatica.
In entrambi i soggetti sono evidenti gli strascichi di una vita senza sani modelli di riferimento, minata fin dall'infanzia da stupri e abbandoni e proseguita senza momenti felici (è probabile che in orfanotrofio abbiano subito ulteriori violenze). La difficoltà delle due a instaurare rapporti relazionali - se non a livello superficiale - è evidente ed è anche questa a spingerle a rifugiarsi in un mondo fantastico: la necessità di fuggire da una realtà malvagia, verso mete utopiche dove avrebbero potuto avere un ruolo diverso da quello in cui si trovano a vivere (non è un caso che Christine, una volta arrestata, giungerà a sovrapporre l'irreale al reale, dicendo di essere stata, in vite passate, il marito della sorella).
L'omicidio (lo si ricorda, avviene dopo aver subito un licenziamento) è frutto della consapevolezza del fallimento personale di cui Christine era convinta da sempre e che cercava di scacciare fantasticando su fughe e amori impossibili. Il comportamento di Léa, invece, è da addebitarsi all'influenza negativa della sorella di cui era in totale balia e che vedeva come modello da emulare. Tale tesi viene confermata anche dalla diversa fine cui sono andate incontro le due e dai loro diversi comportamenti successivi all'arresto.
E' altresì importante sottolineare come Christine adorasse l'essere il punto di riferimento della sorella, perché ciò la faceva sentire al centro dell'attenzione di qualcuno e dava lei un senso di importanza.
Piuttosto facile da spiegare l'overkilling (l'accanimento sui cadaveri) compiuto dalle due: esso, difatti, è il risultato di una rabbia repressa poi esplosa in modo da giungere a depersonificare le vittime, scaricando ogni frustrazione e ogni odio, alla stregua di una ribellione dalla triste realtà che le circondava (l'ennesimo tentativo simbolico di fuga).